Il Disastro di Molare

CAPITOLO 5. Il nubifragio ed il crollo

Dopo una calda estate i contadini della valle osservavano speranzosi le nere nuvole addensarsi laggiù sui monti.....

L'alba del 13 Agosto 1935 era tersa e calda. Non era una novità. Il 1935 stava per essere ricordato un'annata relativamente siccitosa. I molti contadini che vivevano nella Valle Orba erano molto preoccupati poichè tale situazione stava compromettendo irrimediabilmente i raccolti e l'allevamento. La crisi idrica costrinse la Direzione Aziendale delle O.E.G. a programmare un drastico taglio della produzione elettrica. Ciò aveva come inevitabile conseguenza la chiusura degli scarichi della diga con effetti negativi sul minimo deflusso del torrente, ormai in perenne secca. I contadini, comunque, si stavano accingendo a partire per i campi.

Alle 6.30 un boato di un lontano tuono spezzò la monotonia degli ultimi mesi. Gli sguardi vi volsero speranzosi verso sud, verso i monti sopra i quali era visibile un'enorme nuvola di colore scurissimo che puntava spedita in direzione nord. Alle 7.30 si abbattè su Molare e Ovada un vero e proprio nubifragio. Ad Ortiglieto così coe in tutta l'Alta Valla Orba iniziò a piovere già alle 6.00.

Per comprendere chiaramente l'entità dell'evento occorre specificare alcune cifre: da "Eventi alluvionali e frane nel Bacino della Bormida, studio retrospettivo" di D. Tropeano: "Nel Bacino dell'Orba cadono 364 mm di pioggia in meno di 8 ore. A (Loc.) Lavagnina la precipitazione è di 554 mm (182 in 2 ore), superando tutti gli analoghi eventi…nell'Europa… da oltre due secoli".

Ecco alcuni dati disponibili per stazioni pluviometriche limitrofe:

L'evento portò nell'arco di meno di 24 ore una precipitazione pari a quasi il 30 % di quelle medie annue. Per dare un'idea della portata dell'evento basti immaginare che piovvero più di 15 metri cubi al secondo di acqua ogni kmq. La pioggia caduta divenne deflusso all'interno del bacino del Torrente Orba di estensione pari a circa 140 kmq all'altezza di Bric Zerbino.

La portata di deflusso del 1935 all'altezza della diga (cioè ben 5 km a monte di Molare) risultò compresa tra 1.800 - 2.000 mc/sec con punte di 2200 - 2300 mc/sec ! Statisticamente un evento di tale "portata" ha tempi di ritorno di circa 1000 anni!

 

 

 

 

 

Durante le prime ore della mattina del 13 agosto 1935 gli scarichi della Diga Principale rimasero chiusi, ma ben presto il guardiano (Abele De Guz) si accorse che il livello stava innalzandosi vertiginosamente. Vennero attivati i sifoni che subito scaricarono a massimo regime assieme allo scaricatore di superficie. Ciò determinò i primi problemi giù a valle, ad Ovada, dove il deflusso del torrente aumentò rapidamente senza però allarmare eccessivamente gli abitanti del Borgo. La popolazione infatti conosceva da lungo tempo i capricci dell'Orba ed in particolare era ancora vivo il ricordo dell'alluvione del 1915.

Ma già alle 9.30 il rischio di un'esondazione iniziò a turbare i pensieri del Sig. Mario Grillo responsabile della centralina elettrica "dei Frati" di Ovada. Alle 10.30 il personale della Centrale Elettrica ed il guardiano della Diga Principale attivarono la valvola a campana che funzionò per pochi minuti bloccandosi a causa del troppo fango e detriti che andavano via via accumulandosi sul fondo del lago. Lo scaricatore di fondo non venne utilizzato. Verso le 12.30 l'acqua iniziò a stramazzare pericolosamente sopra le due dighe posizionate alla stessa quota topografica. Ciò determinò l'interruzione del collegamento telefonico tra la Centrale di Molare (e Ovada) con Bric Zerbino. Il personale della Centrale Elettrica avvertì Ovada "..... che l'acqua che stava per scendere era molta .......". Alle 11.00 l'Orba stava esondando su più punti: il mulino di Molare e Loc. Ghiaie erano minacciati dalle acque così come i fabbricati più bassi del Borgo di Ovada molti dei quali stavano per essere evacquati.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alle 13.00 le due dighe erano sovrastate da una lama di stramazzo di circa 2.5 m. Il guardiano della diga incrociava le dita. Frattanto ad Ovada il Sig. Mario Grillo, che "già stava a bagno" ricevette l'ultima telefonata dalla Centrale di Molare che lo esortava " ....... ad avvisare le Autorità locali ed anche il Genio Civile di Alessandria che il pericolo era imminente."

Si riporta un passo della deposizione del guardiano della Diga Sig. Abele De Guz durante il processo alle O.E.G.: " ......... Da questo momento gli avvenimenti precipitano ……..; alle 10 ….. il livello del lago aveva già raggiunto quota 318,08….. Alle 10.50 il lago raggiungeva la quota di massima ritenuta normale metri 322 …… Dalle 10.45 alle 12.30 l'uragano si calmava un poco ….. alle 12.30 - il livello del lago - raggiungeva la quota della sommità della diga di Sella Zerbino (metri 324,50) e cominciava a stramazzare al di sopra di essa…… La pioggia subito dopo le 12.30 riprendeva a cadere con violenza spaventosa ……. Il livello del lago si sopraelevava ancora e raggiungeva alle ore 13.15 la quota di 326,67......."

Alle 13.15 la Diga Secondaria e tutta la Sella Zerbino collassarono sotto la spinta di una massa d'acqua e fango stimata tra i 20-25.000.000 mc.

Per avere idea di ciò che è avvenuto nell'area attorno a Bric Zerbino, cliccare qui e visualizzare l'attuale carta topografica (C.T.R. Regione Liguria).

Capitolo 6: L'ondata verso Molare

Alcune considerazioni

Per avere idea di ciò che è avvenuto nell'area attorno a Bric Zerbino, cliccare qui e visualizzare l'attuale carta topografica (C.T.R. Regione Liguria).

I dispositivi di scarico della Diga Principale erano in grado di smaltire una portata massima di 855 mc/sec! " ...... di fronte a tali risultanze non si riesce a comprendere in forza di quali profondi studi la Società concessionaria abbia potuto assumere come base, per il calcolo degli apparecchi di scarico, soltanto 6 mc/sec per kmq di bacino imbrifero ........ per lo sbarramento di Val Noci, nel computo della massime piene hanno tenuto conto di un coefficiente di sicurezza non inferiore a 20 mc/sec per kmq ......" fa notare l'Ing. Andrea Cannonero del suo articolo del 1935. Tale considerazione mette in luce come il progetto dell'invaso non fosse supportato da alcun calcolo fondato da dati effettivi e/o serie storiche (fatta eccezione per veloci valutazioni nell'arco dei tre anni riportate nel progetto del 1897) a supporto della valutazione della capacità di scarico. Inoltre, la valutazione delle portate che caratterizzarono l'evento del 1935 non fu effettuata sulla base di dati pluviometrici puntuali riferiti a Loc. Ortiglieto in quanto la direzione delle O.E.G. non ritenne necessaria l'installazione di stazioni pluviomatriche di monitoraggio. I valori a disposizione furono ricavati da aree limitrofe e furono oggetto di molte discussioni in sede giudiziale. In particolare la stazione pluviometrica di Loc. Lavagnina (Torrente Piota a circa 25 km a NE di Loc. Ortiglieto) registrò l'incredibile valore di 554 mm in otto ore!! Per avere un'idea dell'intensità di una simile precipitazione può essere interessante ricordare che durante l'alluvione del Novembre 1994 in Piemonte, il pluviometro regionale di Oropa (Valle Sesia a 1186 m sul livello del mare) registrò una precipitazione complessiva su 4 giorni di 567,2 mm (con valore massimo giornaliero di 311 mm). La maggioranza dei valori pluviometrici riferiti all'evento del 1935 per la Valle Orba e Stura sono riconducibili ad una precipitazione di durata non superiore alle 12 ore e sono valori decisamente maggiori a quasi tutti quelli ricavati per l'evento alluvionale del 1994 che si sviluppò nell'arco di 4-6 giorni !!

Per quanto attiene direttamente al crollo, la maggior parte delle poche trattazioni ipotizzano che la tracimazione e stramazzo dell'acqua al di sopra dello sbarramento, abbia portato all'erosione della sella e allo scalzamento al piede della fondazione. Negli anni '80 studi di geologia strutturale (Università di Genova) produssero un modello più convincente. La tracimazione dalla diga secondaria sicuramente determinò lo scalzamento della stessa ma non di certo lo "sradicamento" di una sella di altezza pari a circa 25 metri e l'ulteriore approfondimento dell'alveo fluviale di circa 15 m. Inoltre, a seguito di un successivo violento temporale (25 Agosto 1935) l'erosione accelerata determinò un ulteriore approfondimento dell'alveo di circa 20 m (Novarese, 1938). Ciò ebbe come causa la presenza di rocce molto scistose e fratturate che a contatto con l'acqua divenivano addirittura "saponose". Tra queste un orizzonte anfibolitico era strutturalmente posizionato parallelamente alla spinta idrostatica dell'acqua. Quest'orizzonte, attualmente ben visibile nel settore "amputato", costituì un vero e proprio binario di scivolamento di tutta la sella (come le guide di un cassetto). In parte quindi il Geol. Salmoiraghi ebbe ragione: la maggioranza delle fratture ("gli strati") sono orientati con direzione N-S. In gergo scientifico ciò che avvenne fu uno straordinario e catastrofico caso di "Taglio di meandro fluviale".

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