Il Disastro di Molare |
CAPITOLO 7. L'ondata verso Ovada
L'abitato di Ovada è posizionato a circa 3.5 km a NE di Molare. Tra i due, varie località come Ghiaia, Rebba, Carlovini Monteggio, posizionate tra i 5 ed i 10 mt sul livello dell'Orba furono distrutte dalle acque o gravemente lesionate. Dopo aver distrutto il ponte ferroviario di Molare l'ondata scavalcò facilmente una piccola "pisa" posizionata più a valle e raggiunse Loc. Monteggio situata in sponda sinistra. Il compianto Sig. Giovanni De Luigi ed un suo amico, allora poco più che bambini, scapparono a gambe levate rifugiandosi su una collina e da lì videro l'immane ondata inghiottire il loro cascinale. A Monteggio le vittime furono 7. "Monteggio fu raso al suolo, disintegrato, cancellato per sempre dalla faccia della Terra ......" (Giovanni De Luigi, 1999). Sorte assai simile toccò a Loc. Rebba, posizionata in faccia a Loc. Monteggio ma in sponda destra. Molte case furono distrutte ed altre 13 vite furono strappate dalle acque (di cui ben otto, padre, madre e sei figli, della stessa famiglia). Testimoni oculari narrano delle persone aggrappate sui tetti delle abitazioni, altre trascinate via dalle impetuose correnti. Di queste un'anziana donna venne tratta in salvo circa 1,5 km più a valle.
L'ondata stava per raggiungere Ovada e l'apogeo della catastrofe, ma prima ci fu tempo a sufficienza per distruggere ampi settori di Loc. Geirino causando la morte di altre 4 persone. Più giù, in sponda destra è presente "la Rocca delle Anime", un inamovibile bastione di arenarie e marne: lo schianto dell'ondata fu terrificante ma salvò il ponte stradale di San Paolo che venne colpito "di sponda". Se la cavò con qualche danno alla struttura. Non fu così per il terrapieno posto nel lato sinistro del ponte che fu spazzato via. Il Ponte ferroviario della Veneta (chiamato così perchè fu una ditta veneta a costruirlo nel 1905) della linea Genova-Ovada-Alessandria oppose con vigore resistenza. Si salvò grazie all'ampiezza delle sue arcate che comunque furono messe a dura prova forse più che durante i ripetuti bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Le dimensioni di tale attraversamento danno comunque idea della potenza e della portata d'acqua dell'ondata. In corrispondenza "della Veneta" infatti si generò in rigurgito della corrente d'acqua e fece sì che molti fabbricati posizionati lateralmente fossero lesionati "in senso opposto al deflusso del torrente".
Superata la "Rocca delle Anime" un altro massiccio ostacolo, questa volta artificiale, oppose resistenza all'ondata: era il muraglione dello Sferisterio Marenco, alto 16 m e lungo 100 costruito "con nuove tecniche d'avanguardia" nel 1925. Lo schianto tra i due colossi determinò una brusca deviazione dell'ondata senza comunque un sensibile rallentamento. Questa, forse indispettita dall'affronto subito, si scagliò rabbiosa sul ponte che univa Piazza Castello al Borgo di Ovada demolendolo.
La catastrofe si stava compiendo: pochi minuti dopo le ore 14.15 del 13 Agosto 1935 l'ondata investì il Borgo di Ovada posizionato in sponda sinistra pochi metri superiormente all'alveo fluviale. Questa borgata era separata dal centro storico di Ovada dal Torrente Orba, e rappresentava in un certo senso una cittadella autosufficiente ".... mancava solo la farmacia.....". Quartiere popoloso di contadini che purtroppo, a causa delle piogge e dell'ora, erano quasi tutti nelle loro abitazioni. Per molti di loro non ci fu scampo, altri vennero trascinati via dalla corrente e riuscirono miracolosamente o fortunosamente a salvarsi. Le abitazioni travolte dalle acque "..... si aprirono come libri ......" e non vi fu scampo per 65 persone. Nella sponda opposta, molti Ovadesi furono testimoni oculari di tale terrificante spettacolo, di episodi di eroismo e di sciagure famigliari. Così, al pari di chi sostenne di aver visto "un vecchio uomo, un bambino ed un mulo" poco prima del crollo di Sella Zerbino, così come a Molare si vide transitare la Diga Secondaria e relativa sella, ad Ovada molti raccontarono di aver visto distintamente galleggiare il pavimento del Mulino di Molare con tanto di sacchi di farina.
L'ondata adesso sembrava appagata dall'immane spettacolo concepito prima che da lei dal uomo stesso. Appagata sì... ma non del tutto ancora soddisfatta.
Rimanendo in ambito tecnico ed analitico lo studio retrospettivo di D. Tropeano fornisce un succinto riepilogo di quanto accaduto tra Molare ed Ovada: " ...... Il ponte della ferrovia di Molare è scomparso letteralmente: le case sotto la stazione di Molare, le cascine di Monteggio, il Borgo di Ovada tutto rovinato ......... in particolare, sono travolte 23 case nella frazione Ghiaia, 31 case nella fraz. Rebba, 13 case in fraz. Carlovini; sono abbattute 7 case a Ovada, dove pure cedono due arcate del ponte in muratura per scalzamento di una pila .......".
Note a margine:
Un'altra citazione doverosa deve essere fatta questa volta al Sig. Giovanni De Luigi ed alla sua inestimabile testimonianza lasciataci in "Lungo la Valle dell'Orba fino al crollo della diga di Molare" edito dall'Accademia Urbense di Ovada nel 1999, anno della morte dell'autore.
Ed ancora è bene ricordare anche un piccolo dattiloscritto "recluso" nella biblioteca di Ovada "Il Borgo di Ovada prima del crollo della diga di Molare - Personaggi fatti e costumi del Borgo" di Walter Secondino e Aldo Ulzi del 1991/95 poi stampato ufficialmente dal primo ed edito dall'Accademia Urbense. Lodevoli tentativi di sottrarre all'oblio eventi, avvenimenti e vite spezzate.
Naturalmente occorre poi citare il volume uscito in occasione del 70°anniversario "13 agosto 1935: il giorno della Diga" edito sempre dall'Accademia Urbense nel 2005 di cui mi pregio di esserne coautore. Tale volume è stato recentemente ristampato.
Ad Ovada è anche reperibile il volumetto "Il Crolla della Diga di Molare" di Diego Sciutto.
Concludo con un articolo che reputo di grande importanza perchè è stato il primo contributo che effettivamente si è posto lo scopo di "rispolverare dall'oblio" il disastro dimenticato di Molare: "Il Crolla della Diga di Molare" di Federico Borsari scritto per "La Provincia di Alessandria" nel 1985 in occasione del 50° anniversario.
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